Ilio Fiengo
Torno Ieri

11 marzo 2017

Ingenuità, ironia, comicità, disperazione esistenziale si intrecciano con lo stupore delle sottigliezze della natura. Un insieme d’elementi che compongono la realtà - linguaggio, oggetti, cose, gesti - e che diventano motivi di riflessione estetica e poetica. Questi alcuni aspetti del lavoro di Ilio Fiengo e, per codificarli, non ci si può affidare alla logica e alla deduzione, piuttosto ad una intelligenza emotiva che sappia orientarsi fra paesaggi della memoria, figure, animali simbolici, organi, funzioni e sistemi diversi all’interno di una pratica artistica ferocemente e volutamente scarna.

Il lavoro di Fiengo appare sempre in bilico fra passato e presente: alcuni materiali sembrano giungere da tempi dimenticati, un passato arcaico, contadino capace di connettersi ai temi universali con una modalità che dimostra una comprensione e assimilazione profonda delle esperienze dell’arte contemporanea del Novecento in perenne confronto con il presente.

Enrico Bertelli


Alessandra e io abbiamo conosciuto Ilio Fiengo a casa di un amico quando ci siamo trasferiti da Città del Messico a Livorno. Un quadro che sembrava composto dalla sola cornice era appeso su uno dei muri della casa del nostro comune amico. Era solo polvere. Ilio aveva recuperato un vetro rimasto a lungo dimenticato, accumulando strati di polvere e con un paio di colpi di dita ha rimosso un po’ di materia lasciando le tracce del suo gesto improvviso. Mi sembrava di una semplicità geniale.

Il minimo gesto concentrava in sé un dramma che prendeva corpo dal nulla, senza pretese.

Abbiamo parlato per un paio d’ore e non ci siamo più visti per anni. Ilio è un tipo silenzioso, ma in confidenza ti riempie del suo pensiero. È solitario, lavora in assoluta intimità nel suo studio senza la necessità di mostrare quello che fa.

Si dice e si ripete che l’opera si compie dopo l’incontro con lo spettatore. Nel caso di Ilio questa asserzione sembra retorica. Tanta della nostra attività intellettuale e culturale si crea e si materializza nella ripetizione di tali affermazioni. È come se il gesto non
fosse sufficiente per materializzare bellezza, come se per l’inerzia del verbo il bisogno di parlare e fare arte avesse bisogno della retorica, quella che setaccia ogni realtà.

Non è il caso di Ilio. Ilio sembra una zecca, quella di Gilles Deleuze e Felix Guattari in “Mille Piani”, quella bestiolina che realizza magistralmente ognuno dei suoi affetti, senza bisogno di retorica, senza bisogno di spettatore. Ed è questo il punto. Ilio si basa su sé stesso e non pretende di più. E questo lo libera da qualsiasi costrizione e da qualsiasi bisogno al di là del suo studio, del suo percorso quotidiano, per contemplare la bellezza che risiede, per esempio, nell’incontro tra un vetro e la polvere — Man Ray allo stesso modo l’aveva osservata sul grande vetro di Duchamp — o nel cadere di una foglia dall’albero o nei rituali funzionali di una vita da contadino.

Mi ricorda American Beauty, film di Alan Ball e Sam Mendes, particolarmente questo passaggio:

“Do you want to see the most beautiful thing I ever filmed? It was one of those days when it’s a minute away from snowing. And there’s this electricity in the air, you can almost hear it, right? And this bag was just… dancing with me… like a little kid begging me to play with it. For fifteen minutes. That’s the day I realized that there was this entire life behind things, and this incredibly benevolent force that wanted me to know there was no reason to be afraid. Ever. Video is a poor excuse, I know. But it helps me remember… I need to remember… Sometimes there’s so much beauty in the world… I feel like I can’t take it… and my heart is just going to cave in.” (Ricky Fitts)[^1]


testo e foto:
Juan Pablo Macías
Gennaio 2019

[^1] “Vuoi vedere la cosa più bella che ho girato? Era una di quelle giornate in cui tra un minuto nevica. E c’è elettricità nell’aria. Puoi quasi sentirla… mi segui? E questa busta era lì; danzava, con me. Come una bambina che mi supplicasse di giocare. Per quindici minuti. È stato il giorno in cui ho capito che c’era tutta un’intera vita, dietro a ogni cosa. E un’incredibile forza benevola che voleva sapessi che non c’era motivo di avere paura. Mai. Vederla sul video è povera cosa, lo so. Ma mi aiuta a ricordare… Ho bisogno di ricordare… A volte c’è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla… Il mio cuore sta per franare.”


Torno ieri
Ilio Fiengo
2017

€20

Marzo-Aprile 2017
Un progetto espositivo ed editoriale di Carico Massimo

Coordinamento editoriale
Juan Pablo Macías
& Federico Cavallini
Progetto grafico
Zirkumflex
Fotografia
Juan Pablo Macías
Stampato da
Media Print Livorno (Italia)
Febbraio, 2019
300 copie
ISBN: 978-88-32032-08-6

pdf

English