Hannes Zebedin
Gekappte Geschichten oder Müder Mensch Europa

6 giugno 2017

Carico Massimo presenta, per la prima volta in Italia, l’artista austriaco Hannes Zebedin, con un nuovo progetto che sarà presentato negli spazi dei Magazzini Generali di Livorno, sede dell’Associazione Carico Massimo.

Gekappte Geschichten oder Müder Mensch Europa è il titolo della mostra, ovvero Storie Spezzate o lo stanco Uomo d’Europa: un progetto di ricerca che inizia da uno striscione sventolato da un gruppo di ultras di Livorno Calcio, le BAL, durante una partita contro la squadra del Trieste.

Era il 2002 e si legge: « A noi Tito ce lo ha insegnato la Foiba non e’ reato”. Lo slogan viene messo sotto inchiesta creando un’indignazione generale.

Il riferimento a questo episodio storico delicato viene studiato dall’artista, sollevando la questione delle grandi narrazioni Occidentali che impongono una storia ufficiale a discapito della complessità dei fatti. « Storie interrotte » o errori dello « stanco Uomo d’Europa », come quella del fiume Timavo che sfocia in un piccolo villaggio nel Carso Triestino, definito dagli italiani il fiume più corto del bel Paese. In realtà il Timavo è un fiume molto lungo che inizia il suo corso in Slovenia, la percorre, in modo sotterraneo, fino ad emergere in superficie nel territorio carsico italiano. Il Timavo è quindi la continuazione di un fiume chiamato Reka.

Partendo da questi due fatti, quello storico delle foibe e quello geografico del Carso, la mostra intreccia conflitti politici con la specificità del paesaggio, ripensando la struttura politica del passato, presente e futuro, anche come modello di sviluppo europeo.


San Giovanni al Timavo è un piccolo paese sul Carso Triestino ed è il punto di partenza di una storia interrotta. Proprio in questo luogo ci sono le sorgenti di uno dei fiumi più corti del mondo: il Timavo. Il corso d’acqua sgorga dalle rocce carsiche lentamente e silenziosamente per poi raggiungere, già dopo pochi metri, una considerevole ampiezza. Dopo circa un chilometro e mezzo compire una curva a novanta gradi e si getta nel sistema di canali e dopo ulteriori due chilometri sfocia nel golfo di Trieste all’altezza del Villaggio del Pescatore. Allo stesso modo con cui si delinea il tragitto di questo fiume così si delineano le caratteristiche della trama di una storia: inizio, corpo centrale e fine.
C’è solo una piccola differenza. Gli scienziati hanno scoperto che il Timavo è la continuazione di un fiume chiamato Reka. Questo fiume inizia nella zona nord-est della Croazia, scorre nel sud-ovest della Slovenia e si getta nelle grotte di Skocjan. Il fiume Reka poi prosegue seguendo un percorso sotterraneo sconosciuto per poi riemergere in superficie come fiume Timavo.

Il percorso sotterraneo del fiume Reka, così come le foibe, è collocato geograficamente nel Carso Triestino Il Carso è caratterizzato da diversi tipi di conformazioni geologiche generate nel corso dei secoli come caverne, doline e una superficie plasmata da un vento fortissimo . Inoltre, l’area è stata testimone di uno dei più grandi conflitti nazionali che hanno coinvolto l’Europa del XX secolo.

Circa quindici anni fa, la squadra di calcio del Livorno giocava contro la Triestina Calcio. Il gruppo degli ultras del Livorno - i BAL - issò un cartellone che recava lo slogan “Tito ce l’ha insegnato la foiba non è reato” scatenando molte discussioni controverse sul tema delle uccisioni di massa nella Venezia Giulia e in Istria perpetrate dai partigiani jugoslavi contro la popolazione italiana locale. La citazione faceva riferimento, principalmentein sostanza, agli omicidi arbitrari resi noti dalla Lega Nazionale dopo il collasso della Jugoslavia, senza tuttavia nulla menzionare in merito alla storia passata di questa regione sin dall’inizio del XX secolo di cui gli episodii massacri delle Foibe erano il risultato.
Prendendo spunto proprio da questi due fatti, la mostra ha lo scopo di unire i conflitti politici con le peculiarità proprie del territorio, per ripensare la struttura politica nel passato, nel presente e nel futuro, affinché possa diventare un vero e proprio modello per lo sviluppo europeo.

—Hannes Zebedin


Arturo Hernández Alcázar, un artista come me originario del Messico, nonché mio buon amico, mi ha presentato Hannes Zebedin via e-mail perché pensava avessimo molto in comune. Hannes è venuto poi a trovarci a carico massimo in occasione dell’inaugurazione della personale di Jean-Luc Moulène nel settembre del 2016. Abbiamo trascorso assieme diversi giorni a parlare di svariati argomenti quali l’arte, la politica e il calcio. Ho scoperto che Hannes era già venuto a Livorno diverse volte negli anni passati per far visita alla squadra Amaranto. In quanto esponente del pensiero di sinistra, egli era attratto dalle BAL, Brigate Autonome Livornesi, e, in particolare, dal loro umorismo e dal loro modo di fare tifo (come dimostrato nel caso delle bandane stile Berlusconi sfoggiate a San Siro, o dello striscione contro Tito mostrato a Trieste). Questa tendenza sinistrorsa dei tifosi del Livorno aveva conquistato la simpatia di Hannes già da parecchio tempo.

Ci siamo inoltre scoperti entrambi lettori entusiasti dei Wu Ming, dei loro primi scritti, la serie di “Q” siglata con lo pseudonimo Luther Blisset, e le situazioni poetiche a cui avevano dato adito nei media e nella vita, come nel caso dell’identità inventata dell’artista concettuale Harry Kipper, scomparso presso i confini italo-sloveni durante un’escursione in bicicletta mentre tentava di scrivere nel paesaggio la parola “ART”. Abbiamo parlato delle visioni teologiche di Q in merito alla religioni o alla libertà e, soprattutto, di come il romanzo basi la sua narrativa sull’invenzione di Gutemberg, che ha reso l’oggetto libro radicalmente politicizzato. Abbiamo anche parlato di 54, sempre dei Wu Ming, del dopoguerra nel nord d’Italia e dintorni, della nuova divisione politica, ideologica e nazionale in blocchi di questa parte d’Europa (tra Italia, Austria e i Balcani), nonché dei flussi sotterranei che danno forma al dissenso, ai traffici, ai legami affettivi e alla geografia, tanto quanto… alla speleologia.

Alla fine della sua visita a Livorno, dopo averci mostrato il suo lavoro e avercene parlato, abbiamo deciso di invitarlo a proporci un nuovo progetto per il nostro spazio.

Hannes vive in Slovenia da parecchi anni oramai. È un ex contadino, un ex-boscaiolo, un economista e un politologo e tutte queste identità si mischiano insieme nel suo approccio al fare arte. Egli vive in un piccolo paese che si chiama Vipava, un luogo che gli regala molti spunti storici, geografici, morfologici e concettuali per meditare sulla lunga storia e sull’improbabile futuro del Müder Mensch Europa (Uomo Stanco d’Europa). È soprattutto una storia di barriere, di antagonismi tra religioni, tra ortodossia e eterodossia, tra le frange di destra e di sinistra, tra classi, tra generi. I 488 km che separano Vipava e Livorno sono diventati testimonianza e contesto per le diverse linee di pensiero che sono andate delineandosi in Europa e nel mondo.

Pochi anni dopo il suo progetto a Livorno siamo lieti di non lasciare questa storia non-raccontata, geschichten gekappte.

testo e foto:
Juan Pablo Macías
Livorno, gennaio 2019


Gekappte Geschichten oder Müder Mensch Europa
Hannes Zebedin
2017

€20

Maggio-Giugno 2017
Un progetto expositivo ed editoriale
di Carico Massimo
a cura di
Juan Pablo Macías
Designo editoriale
Zirkumflex
Fotografia
Hannes Zebedin, Marlene Hausegger
e Juan Pablo Macías

ISBN: 978-88-32032-09-3

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